Memorie del Terzo Reich by Albert Speer

Memorie del Terzo Reich by Albert Speer

autore:Albert Speer [Speer, Albert]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852087813
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


XXI

Hitler nell’autunno del 1943

I vecchi collaboratori di Hitler concordavano con i suoi aiutanti nel giudicare che nell’ultimo anno il Führer era mutato. Ciò non poteva meravigliare, poiché in quell’ultimo anno Hitler aveva vissuto la tragedia di Stalingrado, assistito impotente alla capitolazione di duecentocinquantamila soldati a Tunisi, visto le città tedesche subire l’offensiva aerea nemica senza quasi potersi difendere. In quell’anno aveva dovuto rinunciare anche a una delle sue più grandi speranze nel campo delle operazioni belliche, piegandosi alla decisione della marina di ritirare i sommergibili dall’Atlantico. Non c’è dubbio che Hitler era in grado di riconoscere il mutare della situazione e che vi reagì, come reagiscono gli esseri umani, con l’amarezza della delusione, con l’avvilimento, e con un ottimismo sempre più forzato. Per lo storico, Hitler può essere diventato un freddo oggetto di studio. Per me, egli è ancora una realtà fisica, viva in carne e ossa.

Tra la primavera del 1942 e l’estate del 1943 Hitler si mostrò, a volte, depresso, ma dopo sembrò compiersi in lui uno strano cambiamento. Ora non c’era momento disperato che gli impedisse di fare esibizione di fiducia nella vittoria finale. Non mi è rimasta praticamente impressa nella memoria una sola osservazione, fatta da Hitler in questo periodo, che contenesse il più piccolo accenno agli sviluppi catastrofici della situazione, sebbene io stessi all’erta per cogliere un simile accenno. Possibile che a forza di illudersi sulla vittoria finale egli se ne fosse veramente convinto? Sta di fatto che, quanto più la situazione andava sviluppandosi verso la catastrofe inevitabile, tanto più egli si immobilizzava nella sua posizione, irrigidendosi nella certezza che tutto quanto egli decideva era giusto.

Gli intimi osservavano preoccupati la sua crescente inaccessibilità. Egli prendeva le sue decisioni in deliberato isolamento. Intanto anche la sua mente era andata immobilizzandosi, tanto che non era quasi più capace di esprimere pensieri nuovi. Hitler, in un certo senso, percorreva un binario fissato una volta per sempre, dal quale non aveva più la forza di uscire.

La causa oggettivamente più forte del suo irrigidimento fu la costrizione esercitata su di lui dalla preponderanza dei suoi avversari. Nel gennaio del 1943 gli Alleati occidentali si erano accordati sulla resa senza condizioni della Germania. Probabilmente Hitler era l’unico che non si facesse illusioni sulla serietà di questo impegno. Goebbels, Göring e altri si trastullavano con l’idea di poter sfruttare i contrasti politici fra i nemici. Altri pensavano che Hitler avrebbe perlomeno tentato di riequilibrare con mezzi politici gli effetti delle sue sconfitte. Non era forse stato capace, in passato, di concepire e attuare con apparente facilità sempre nuove astuzie, nuovi capovolgimenti di situazioni, nuove sottigliezze, dall’occupazione dell’Austria fino al patto con l’Unione Sovietica? Ma adesso lo si sentiva dire sempre più spesso, in sede di «gran rapporto»: «Non si facciano alcuna illusione. Non c’è ritorno. Non c’è che andare avanti. I ponti alle nostre spalle sono tagliati». Lo sfondo di questo pensiero, che soffocava in seno al governo stesso ogni possibilità di discussione, apparve chiaro soltanto al processo di Norimberga.

A quell’epoca pensavo che



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